Il corpus delle lettere


La raccolta

La formazione della raccolta delle lettere di Vespasiano è legata a singolari vicende, nel senso che è il risultato di un artificiale aggregazione operata da parte dei moderni editori. Non si tratta propriamente di un epistolario; se condividiamo la posizione di Marti (pp. 203-208), poi recuperata dalla Brambilla Ageno (pp. 265-270) e quindi dagli editori di carteggi o raccolte di umanisti, l'epistolario è prodotto della volontà dell'autore di trasmettere un'opera ai posteri, di lasciare menzione di sé tramite le lettere, producendo una raccolta unitaria, dotata di autonomia testuale. Il corpus viene così a configurarsi come una vera e propria opera d'arte, dotata di una forte e coerente identità, priva di intenti documentari, avente lo scopo della divulgazione per diletto e godimento letterario, dove forte è l'elemento dell'artificio. L'epistolografia umanistica, sulla scorta della tradizione classica, è essenzialmente fatto retorico, vale a dire esercizio formale, elemento che contribuisce a canonizzare la tipologia.

Quella di Vespasiano si può a ragione definire una raccolta di lettere. Il nostro autore decise di far trascrivere in codice unico solo un piccolo corpus, corrispondente ad un parziale raggruppamento delle lettere ricevute, realizzato forse per compiacere Alessandro di Pierfilippo Pandolfini e i membri dell'Accademia Fiorentina cui il codice era dedicato. Questo corpus, pubblicato in volumen epistularum acceptarum, è solo in parte connotato da stilemi topici dell'epistolografia letteraria, che contraddistinguono la forma della scrittura di alcuni dei corrispondenti. Proprio alcune di tali lettere si presentano come palestra in cui esercitare le forme diverse della prosa umanistica, catalizzatrici di questioni letterarie, morali, politiche e religiose di quegli anni.

Ma si tratta di un caso isolato. Il resto del carteggio proviene da fonti diverse. Vespasiano, che mai si dedicò all'arte della retorica epistolare, non ipotizzò una pubblica diffusione dei suoi scritti. La dimensione puramente documentaria della raccolta è attestata dalla vicenda della trasmissione materiale degli esemplari e dalla tipologia dei supporti. Il corpus non presenta dunque le caratteristiche dell'epistolografia umanistica, ma è la testimonianza storica dello svolgimento di un'attività professionale.

Le lettere coprono la gamma degli interessi dell'autore, aprono una finestra sulla tipologia delle sue occupazioni e forniscono un quadro nitido, nonostante l'esiguità del corpus (costituito da sole quarantacinque lettere, che coprono il periodo 1446-1498), di alcune questioni fondative dell'umanesimo:

le biblioteche degli umanisti e dei mecenati delle principali corti europee

le modalità della circolazione dei codici manoscritti

i rapporti politici

le traduzioni e i volgarizzamenti

le relazioni commerciali

i rapporti di amicizia

gli scambi di vedute politiche

le narrazioni di fatti storici

le discussioni di diatribe teologiche

E la varietà dello status dei corrispondenti rispecchia la molteplicità dei contenuti tramandati: amici, maestri, "dipendenti", signori, semplici committenti.

Si tratta forse di un corpus piccolo per evincere un gusto dominante ma certamente sufficiente per confermare le scelte culturali. Se le Vite talora sconfinano nel genere della biografia immaginaria, o riportano eventi in modo talora impreciso o scorretto, le lettere propongono un livello di autenticità e veridicità che ne confermano il valore di fonte storica, di documento probante, di testimonianza originale.

I contenuti della raccolta

La raccolta attesta, in prima battuta, le forme del commercio librario, contraddistinta dall'uso di un lessico tecnico specialistico, che potrebbe fornire altri utili tasselli e spunti di riflessione sul lessico filologico degli umanisti, così finemente indagato da Silvia Rizzo.

Il dialogo con i corrispondenti riguarda la forma del libro, la tipologia della scrittura e le forme del ductus, le caratteristiche di miniature, legature e coperte, il formato e il numero delle carte e ancora l'amministrazione delle questioni relative ai pagamenti, ai prezzi e ai costi dei codici, alle attività correlate alla copia e alle modalità della cessione dei compensi.

Le lettere per la maggior parte sono dunque il risultato della necessità di espletare pratiche contingenti, che riguardano la professione di libraio o meglio di organizzatore di una fitta rete di collaboratori, vale a dire di copisti privati alle dipendenze di Vespasiano, ai quali egli impartisce istruzioni, sulla base delle richieste dei committenti.

Si definiscono nel carteggio le modalità dello scambio di manoscritti, i criteri utili a reperire i testi e le caratteristiche dei volumi prodotti o da produrre. Talora è Vespasiano che cerca esemplari (chiede le Vite plutarchee di Licurgo e Numa a Filippo Podocataro, lettera 3; la traduzione delle Storie di Polibio al Perotti, lettera 10; le Vite di Manetti allo stesso Manetti, lettera 11) oppure propone opere (la Politica di Aristotele al Perotti, lettera 10; Bibbia e Vite dei Padri al Manetti, lettera 11; De preparatione evangelica di Eusebio al Jouffroy, lettera 20), chiede di portare a termine lavori, per cui ipotizziamo uno scambio epistolare andato evidentemente perduto (Vite plutarchee per il Gray, lettera 5; Commentari di San Girolamo alle sacre scritture per il Jouffroy, lettera 20), ma soprattutto informa i committenti circa la conclusione dei lavori richiesti (Lattanzio su Stazio per il Podocataro, lettera 2; Diogene Laerzio per il Gray, lettera 5; Decadi di Livio per Piero de' Medici, assieme a Plinio e alle Vite di Plutarco, lettera 17, 18 e 19; Commentari di San Girolamo per il Jouffroy, lettera 20; l'Etica nicomachea per Cosimo de' Medici, lettera 26; gli opera omnia di Sant'Agostino per il Bessarione offerta a Lorenzo il Magnifico - lettera 31) e accetta richieste di codici (il Perotti gli chiede un volume di "Geometria e Musica", un inventario delle Vite plutarchee e un Donato su Terenzio, lettera 9; un codice di Omero richiesto dal Perotti per Niccolò V, lettera 10; la Politica di Aristotele e i Commentari di Cesare sempre per il Perotti, lettera 10; Avicenna, Paolo Orosio e la Geometria di Euclide chiesti dal Manetti, lettera 11 e ancora, sempre dal Manetti, alcuni testi giuridici, lettera 12; Jacopo Acciaiuoli gli chiede per Antonello Petrucci d'Aversa un Plinio, lettera 23; Iacopo Ammanati chiede Fedone, Gorgia, Timeo ed epistole di Platone, lettera 41).

Come si evince dalla lettura del carteggio, l'officina libraria del "cartolaio" Vespasiano copre ogni aspetto della produzione del libro: dalla scelta dei materiali (carta, pergamena, inchiostri, colori, pelli, "chordovani") al formato del libro, dalla trascrizione alla realizzazione delle miniature, dalla legatura alla coperta. Assieme alla richiesta di copie manoscritte a Vespasiano ci si rivolge anche per conoscere dove siano certi codici, stabilirne la localizzazione, verificarne l'esistenza e la disponibilità sul mercato, risolvere complicati problemi bibliografici; non solo: si accettano proposte di acquisto da chi sicuramente possiede una fondata consapevolezza sullo stato della circolazione manoscritta.

La raccolta mostra anche l'interesse di Vespasiano per questioni di ordine politico e militare. Alcuni esponenti della famiglia Acciaiuoli tengono al corrente il libraio fiorentino circa l'andamento di vicende belliche: Piero Acciaiuoli gli comunica l'azione con cui Pio II sostenne Ferdinando I d'Aragona nella campagna contro Giovanni d'Angiò (lettera 22); Jacopo Acciauoli gli racconta della sua permanenza presso l'esercito aragonese (lettere 23 e 24); Ferdinando d'Aragona stesso (lettera 27, 28 e 29), tramite il suo segretario Antonello Petrucci d'Aversa, gli parla della lega istituita contro Venezia e lo stesso fa Vespasiano, con Alfonso, figlio di Ferdinando e duca di Calabria, comunicandogli "fatti d'arme" (lettera 30 e 37); a Pierfilippo Pandolfini Vespasiano parla di faccende militari (lettera 38) e, spostandosi al panorama della propria città, a Giovanni Pandolfini Vespasiano mostra, fra altre cose, tutto il suo sdegno contro Girolamo Savonarola (lettera 40).

La corrispondenza con il Manetti rivela il desiderio di conoscenza del libraio fiorentino a proposito di questioni teologico-filosofiche (lettera 6 e 7).

Non mancano attestazioni dell'esigenza di gestire i propri interessi economici e gli affari famigliari (lettera 34 del Mazinghi); del desiderio di diffondere e far conoscere la sua opera letteraria (le sue Vite inviate a Filippo Strozzi [lettera 39]); della pura e solida amicizia con alcuni dei suoi corrispondenti (lettera 1 ricevuta dall'Acciaiuoli e lettera 8 dal Manetti), che Vespasiano mostra di contraccambiare (il "compare carissimo" Leonardo da Colle [lettera 33 e 34]; l'invito a Pierfilippo Pandolfini a trascorrere un soggiorno all'Antella [lettera 42]).