Nota filologica

Si è proceduto ad una trascrizione diplomatico-interpretativa lavorando, quando possibile, direttamente sugli esemplari originali (testimoni), che sono traditi su supporti eterogenei (codici miscellanei e di dedica, documenti d'archivio e testi a stampa). Si sono valutate anche le edizioni precedenti, in modo particolare quella dell'ultimo editore, ma senza procedere ad una collazione puntuale. In particolare ci si è basati sull'edizione Cagni, che raccoglie la maggior parte delle lettere inviate e ricevute da Vespasiano da Bisticci, e si sono segnalate lezioni e integrazioni, sia in caso di accordo che di proposta alternativa.

La Brambilla Ageno distingue fra "epistolario" e "raccolta di lettere", dove quest'ultima definizione si riferisce ad una silloge messa insieme e pubblicata non dall'autore stesso ma da altri, il più delle volte post mortem dell'autore. Le lettere si presentano in questo caso nella forma originaria in cui furono indirizzate ai rispettivi destinatari, con tutti i riferimenti al contesto pratico della loro composizione. Il tipo di pubblicazione raccomandata è la ristampa diplomatica in successione cronologica (Brambilla Ageno, pp. 265-270).

In effetti la raccolta di Vespasiano non è un epistolario, ma una sistema di comunicazione determinato da scopi pratici e ragioni contingenti, che solo parzialmente risponde ai connotati della topica epistolare. D'altronde è assolutamente condivisibile la posizione di Raul Mordenti che, sulla scorta dell'impostazione derivante dalla tradizione paleografico-codicologica del Masai, reputa che l'edizione diplomatica sia l'unica a dirsi definitiva e l'unica in grado di fornire per mezzo della trascrizione "la maggiore quantità possibile di dati per la lettura" (Mordenti, p. 41 e p. 80). Ecco allora che si fa più forte la "necessità di recuperare il valore scientifico di tutti i tratti (linguistici, grafematici e paragrafematici, paleografico-codicologici, culturali etc.) di ogni testimonianza manoscritta" (Mordenti, p. 35).

Si impone dunque il rispetto del sistema dell'autore, contro facili e disinvolte normalizzazioni ecdotiche, con la consapevolezza del profondo valore semiotico dei fenomeni della scrittura. Rispetto alla storia dell'edizione Segre rileva un cambiamento, che consiste "nell'attenzione sempre crescente alle convenzioni grafiche dei vari periodi e scrittori, dato che esse hanno certamente un valore culturale, in certi casi anche uno fonetico" (Mordenti, p. 37). Condividiamo quindi la posizione, ancora di Mordenti, che vede nel testo da editare "un sistema segnico totalmente significativo" (Mordenti, p. 53 e p. 73).

Potremmo rilevare tre livelli di intervento sul testo, che corrispondono a tre modalità di edizione (o anche a tre diversi modelli del testo in fase di codifica): la conservazione dei grafemi e dei tratti paragrafematici; la conservazione dei grafemi e la modernizzazione dei segni paragrafematici; la normalizzazione sia dei grafemi che dei segni paragrafematici.

Nella presente edizione si è deciso di non intervenire con normalizzazioni se non a livello di markup. Vale a dire che sono stati rispettati tutti i tratti dei documenti originali, minuscole/maiuscole, ortografia, interpunzione, scriptio continua, e si è provveduto alla loro modernizzazione all'interno del markup. Il risultato del testo stabilito, consultabile nella presente versione, è l'associazione al file .xml di un foglio di stile che, per agevolare la leggibilità del documento, mostra il testo parzialmente normalizzato, recuperando i valori degli attributi che si trovano all'interno dei tag.

La trascrizione riproduce quindi fedelmente l'originale, necessità ancor più urgente vista la molteplicità di autori, trascrittori e copisti delle lettere. Anche dal punto di vista del sistema linguistico si sono rilevate particolarità individuali, che connotano specificatamente ogni estensore, e per questo si è rispettato integralmente il sistema linguistico e grafico dell'originale. A questo si aggiunga l'alternanza della lingua (latino e volgare).

Particolare attenzione è stata prestata ai documenti autografi: tutte le caratteristiche della scrittura e delle scelte d'autore sono state anche descritte in nota. La complessità del sistema linguistico di Vespasiano, sia a livello di scelte di vocabolario che di costrutto sintattico e quindi di articolazione del periodo, ha richiesto il rispetto delle caratteristiche dell'originale e la spiegazione di situazioni testuali particolari.

Si è sempre rispettato quindi l'usus scribendi; solo in pochi casi documentati, si è deciso di intervenire congetturalmente per dare senso alla frase o a singole parole: ogni testo racchiuso tra < > indica un intervento editoriale.
Per le sigle che non presentano segni abbreviativi, ma che vanno senz'altro rese per esteso in espressioni codificate e convenzionali riconoscibili (D. per Dominus, S. per Sanctitatem, ecc.), si è provveduto allo scioglimento dentro al marcatore e ad un richiamo "onmouseover" (al passaggio del mouse su stringa enfatizzata viene segnalata la presenza della sigla).

Le mani diverse da quelle dell'estensore così come le aggiunte interlineari o marginali sono state rilevate in nota o attraverso richiamo "onmouseover".

Nella trascrizione ci si è quindi attenuti ai seguenti principi:

- si è deciso generalmente di normalizzare maiuscole e minuscole secondo l'uso moderno (in quanto troviamo spesso in maiuscolo anche i nomi comuni o in minuscolo i nomi propri); si è deciso di mantenere la forma in maiuscolo per i titoli (troveremo allora: Dominus, Sanctitatem, Nostro Signore, Maestà del Re, Duca, Signore, Conte, Priore, ecc.);

- si è optato per sciogliere (dentro al marcatore) le più diffuse abbreviazioni (Ex.tia, ill.mo, d.ne, v.ra, R.mo, ecc.), stabilizzando la frequentissima abbreviazione m. nella forma estesa Messer, trascrivendo per esteso le altre forme abbreviative ricorrenti nel testo, sia quelle convenzionali (us, orum, m, pro, pre, quod, ecc.) che quelle specifiche riscontrate;

- è stata aggiunta la punteggiatura, secondo i criteri odierni, inseriti accenti e apostrofi, separate le parole;

A scopo di logica conservativa si sono sempre rispettate (senza intervenire con normalizzazioni in fase di markup):

- la congiunzione et, che compare di frequente nel manoscritto anche con nota tironiana & (segnalata in fase di codifica tramite riferimento di entità: ¬a-tironiana;), e la preposizione ad, usata anche di fronte a consonante;

- la diffusa h etimologica o pseudo-etimologica (huomo, havevano, habbi, hieri, ecc.), mantenendola ovviamente anche dove essa non è assolutamente inerte dal punto di vista fonetico (magnificho, chome, chon, naschono); o il digramma ph, senza ammodernare in f;

- l'j, diffusa nel sistema grafico, anche quando essa non abbia valore semiconsonantico (si è quindi sempre rispettato anche ij);

- l'y culto, anche quando usato impropriamente (troviamo Cyprio, Moysè, Argyropulo), e talora alternativamente ad i;

- la x etimologica (exemplo, proximo, excelsi, Alexandro), non convertita in s o ss;

- l'uso della doppia nei vocaboli che non l'hanno e viceversa (uficiali, gitasti, letera, ma anche elloquentia, ttu, ecc.)

-nessi di tipo latineggiante: ct (dilecta, facte, efecto, ecc.), bd (subditi), ps (scripsi), pt (prompti, scripto, captività, ecc.), essendo, anche in questo caso, resa variabile: talora troviamo nessi con la doppia (avremo dunque: facto ma anche fatto); lo stesso valga per i nessi di impiego arbitrario nm, mn, d+consonante (per esempio sonmi, solemne, omnipotente, adverso, adcadendoli, ecc.): anche in questo caso l'alternanza è stata mantenuta;

- il nesso ti + vocale (sapientia, ringratiamo, diligentia, ecc.);

- il cti + vocale, connesso a modi latineggianti (avremo quindi afectione, lectione, ecc.);

- l'uso del plurale quattrocentesco terminante in ie (come ad esempio dicie, infilicie, pacie, ecc.);

- il grafema q per cq (per esempio aquistate, aque).

In base all'esigenza di rivendicare il significato storico del documento lettera si è provveduto ad una serie di "integrazioni ermeneutiche cui il documento epistolare deve andare soggetto in vista di un'esatta sua collocazione in qualità di fonte storica" (Vecchi, p. 21). La trascrizione del testo di ogni lettera è quindi preceduta da un'intestazione, che costituisce la serie dei metadati di contenuto a livello lettera, comprendente i seguenti elementi:

1. un numero d'ordine, costituito da una cifra numerica progressiva che segue l'ordinamento cronologico del carteggio;

2. l'indicazione uniforme del mittente e del destinatario (tra parentesi quadre qualora tali indicazioni non siano espressamente riportate nel documento);

3. la data topica e cronica, ridotta in termini moderni e uniformi, indipendentemente dalla forma dell'originale (tra parentesi quadre figurano la data e il luogo quando non siano ricavabili dalla lettera);

4. la collocazione dell'originale;

5. l'indicazione di precedenti editori.

Tutto il contesto di riferimento, necessario ad introdurre i contenuti del corpus delle lettere, è raggiungibile attraverso specifiche sezioni tematiche: la descrizione della raccolta, i corrispondenti, i manoscritti realizzati dalla scuola, i copisti al servizio di Vespasiano, le biblioteche prodotte.

Non è problema secondario risolvere la questione dell'ordine da assegnare alle lettere. L'ordinamento cronologico risponde alla necessità del rispetto di un corpus formato per rispondere a intenti puramente editoriali, effettuata a posteriori dagli studiosi. Ma sarebbe possibile anche dividere lettere inviate da Vespasiano da quelle ricevute o fare raggruppamenti per contenuto. La scelta di una navigazione per faccette (data, corrispondente, segnatura e luogo) agevola l'accesso ai documenti anche attraverso criteri di navigazione alternativi a quello cronologico.

Diversamente dall'ultimo editore dell'intero corpus, ovvero il Cagni, non vengono pubblicate le lettere dedicatorie proemiali in quanto caratterizzano la produzione letteraria legata alle Vite.