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  • Addressee:Giovanni Pandolfini
  • Place:Antella
  • Date:1497
  • Source:ASF

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40 - Vespasiano a Giovanni Pandolfini.
[Antella], 24 aprile [1497].

Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, vol. 137, ff. 290r-v.


Ed. parziale Frizzi pp. 85-86; Ed. completa Cagni, pp. 175-176.

Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, vol. 137, f. 290r Giovanni, io ho scritto a Lucha degl'Albizi una letera <che> sarà chon questa: mandala, e per Bastiano la mandi. Sommi alargato assai chon di<r>gli apertamente quello intendo. Conoscho che la mag<i>ore carestia abino gl'uomini sia che non abino chi dicha loro il vero. Sai che papa Nichola diceva che si riputava infilicie per none entrare persona drento ala sogl<i>a del uscio dela camera sua che dicesse il vero di cosa ch'egli 'ntendesse; e papa Pio diceva che a Lodi e a Piagenza andava ognuno volentieri, ma che a Verona non si trovava chi vi volesse andare. Io, per none inchorere in questo erore a Lucha e Alesandro, sono ito a Verona.
Io m'aposi ieri dela petitione, che la non si vincerebbe, e che Bernardo vi parlerebbe suso temperatamente, e meterebela una volta o dua; e così intendo ch'egli ha fatto. Antonio Corsini deb'esere tornato a dormire a casa, ch'è una vergogna che la Signoria sia condotta avere a far a senno de' Colegi. Nofri Seristori dicie che va ala via di frate Girolamo e non s'è inteso chol Gonfaloniere. Vedi dove noi siamo condotti! Bisogna che Iddio sia quello aconci queste cose lui, poiché gl'uomini no<n> sono bastanti a potello fare loro. Guai a quella città che viene in mano del popolo: che vedi che Aristotele la danna, e metelo per lo più pesimo governo che sia, e chiamalo feccia del popolo, in latino fes popularis; e noi ci siamo drento infino agl'ochi! Le guerre civili sono la più pesima chosa abbi una città, donde seguitò la rovina di Roma, e di qui naque Mario e Silla che guastorono Roma, che vedi che a uno suono d'una tromba furono morti ventimila cittadini. Queste discordie si vegono sono dond'hanno origine le discordie civili, perché, come dicie Petrarcha, che questa è l'usanza de' citadini, che l'uno infiamma l'altro, e di qui naschono le guerre civili. A Firenze è già venuto questo principio. E se ttu cercherai l'origine di queste guerre, troverai ch'e sua difetti sono di ciaschuno citadino per sé. Seguita il Petrarcha: E se mi cercherai il suo origine, troverai che la sua radice è negli errori e difetti di ciascheduno citadino per sé. Seguita una cosa <che> è quella dela quale io t'amunischo: che tu guardi che tu non sia uno di quegli che nutrichi il fuocho civile chol tuo sofiare e chole tua legne; pensa se tu conosci a Firenze ignuno che facci quest'arte. Nota bene le parole del Petrarcha circha le discordie de' citadini, e credo che, al mondo non sia il mag<i>ore male di questo; e però vedi quello che dicie: De' mali del mondo ignuno male è più da piagnere che 'l male civile, anche come da moltisimi gravi iscritori pare che ignuno altro si può chiamare male, considerato il male civile. Nele discordie de' citadini si vuole esere mezano a cercare la pacie fra loro; e se questo non vale, almeno tieni la parte dela libertà e dela g<i>ustitia dela tua città, se ttu dovessi bene ri manere solo. Una città, cioè Roma, te ne può dare l'esenpro.

Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, vol. 137, f. 290vNelle discordie delle città, quando uno citadino è confinato, pare sia danno propio; ma chi bene lo considera, c<i>ò è danno di tuti i citadini.
Questo di questa letera ch'io t'ho iscritto si può riputare chosa miracolosa. Avend'io iscritta una parte e andando in camera, in su uno descho trovai una vita di quello ti scrivo del Petrarcha che no<n> potrebbe esere più a proposito <che> è delle cose vanno atorno.
Se 'l Cavalcante intendesse quello t'ho scritto, direi mostragl<i>ela; ma egli no<n> lo intenderebbe. Gusta bene le cose ci sono, che sono a proposito de' presenti tempi. A tte mi racomando.
Adì 24 d'aprile <1497>.

Vespasiano

[a tergo]
Modestisimo iuveni Giovanni di Pierfilippo Pandolfini.

  • Lettera 40

    Autografo.
    La data è desunta dal Frizzi (p. 85) in riferimento alla "petizione" messa a partito da Bernardo Del Nero, il quale fu gonfaloniere di giustizia (colui che "metteva a partito") esattamente nel bimestre marzo-aprile 1497 (cfr. Cagni, Vespasiano, p. 175, n. 3 e infra nel testo). Per quanto riguarda il luogo di composizione si può ipotizzare che si tratti dell'Antella: Vespasiano trascorse gli anni finali della sua vita nella residenza campana.

  • "Giovanni di Pierfilippo Pandolfini"

    Giovanni Pandolfini, figlio naturale di Pierfilippo (cfr. lettera 38 e lettera 42) e di una fantesca chiamata Caterina. Fu Gonfaloniere di Compagnia nel 1506 (cfr. Cagni, Vespasiano, p. 175, n. 1).

  • "Lucha degl'Albizi"

    Luca d'Antonio degli Albizi, dedicatario dei due proemi delle Vite (p. 26 [I, 29] e p. 997 [II, 457]), uomo politico e ambasciatore (cfr. Cagni, Vespasiano, p. 205). Si tratta anche del dedicatario del "Trattato contro a la ingratitudine" di Vespasiano, ancora inedito (Cagni, Vespasiano, p. 109 - segnalazione di Francesco Bausi).

  • "papa Nichola"

    Niccolò V (cfr. lettera 4 - Tommaso Parentucelli).

  • "papa Pio"

    Pio II (cfr. lettera 22 - Enea Silvio Piccolomini).

  • "Bernardo"

    Bernardo del Nero, importante personaggio della vita politica fiorentina. Ricoprì incarichi diplomatici e fu gonfaloniere di giustizia. Cercò di favorire il ritorno dei Medici in Firenze ma nel 1498 venne accusato di far parte di un complotto e venne condannato a morte (cfr. Cagni, Vespasiano, p. 212, n. 1 e Vite, [II, 515, n. 1]). A lui Vespasiano inviò il Commentario della vita di Messer Giannozzo Manetti. Nell'edizione delle Vite, il Commentario è introdotto da un proemio dedicatorio a Bernardo del Nero (Vite, p. 1050 [II, 515]), pubblicato anche dal Cagni, Vespasiano (pp. 212-215).

  • "Girolamo"

    Girolamo Savonarola, contro il quale Vespasiano esprime tutto il suo sdegno. La fine della Signoria Medicea e il risvegliarsi del popolo con a capo il Savonarola turba Vespasiano per gli scompigli che porta in Firenze (cfr. Frizzi, pp. 85-86 e Cagni, Vespasiano, pp. 42-43).

  • 1497

    In merito a datazione, e luogo di composizione, cfr. prima nota.