Pierfilippo,
io ti scrissi d'agosto per altra mia, e quelo significharò
ora a tte: ch'e pechati <che>
fai non sono per ignoranza, ma per l'oposito. Ti ricordo che
'l vivere è dato da Dio per gratia, e la morte per pena
di pechato. In tuti gl'uomini, come tu sai, questo naturale
apetito di vivere, e per chonseguitare questo efetto è
necesario farne ogni chosa.
Io non so donde in te si nascha tuto l'oposito in tute l'operationi
tua, che questo desiderio pare che in te non solo sia istinto,
ma morto, e di questo ce ne sono pruove infinite. In prima,
del continovo ocupato i<n>
mile fantasie, nele quali il dì e la notte mai non pe<n>ssi
a altro, e pieno di mile farnetichi di roba, di stati, in forma
tale che non solo hai un'ora di tempo vacua, ma tu non hai un
momento. È necesario, questo corpo debole fragile inerme,
aiuta<r>lo
e no<n>
gli porre tanta soma adosso <che>
no<n>
la possi portare e non ti lasci tra via: e potràti dolere
alora di te, e none di lui; la faticha, tanta che la duri. Credo
che il principale ogetto sia per onore e per l'utile; e quest'utile
e onore lo volli non solo a tte, ma i tua figluoli,
pe' quali grande parte di questo peso t'hanno fatto metere in
su le spale. A tute queste cagioni dette di sopra per che tu
t'afatichi è necesario il vivere, e questo non si può
fare se tu non levi questi pesi di su gli omeri tua e po<n>gli
a quegli che sono servi da natura e in chi non sono le dote
sono in te, le quali l'hai aquistate con sudore e faticha; ed
è da dolersi assai che chosì vilmente e per sì
vil chosa elle si perdano in te, in el quale grandi frutti aspetava
la patria la quale t'ha ingenerato: da tte, che vedi in quanta
penuria ela ne sia venuta e ognindì va.
Io
ora, per tornare donde mi sono partito, a vole<r>gli
levare qualche peso di questi <che>
ha, è necesario levarti da Firenze e venire qui in questo
luogo ameno e dolce, dove boschi, monti degnisimi,
fonti, torenti, rivi chiarisimi t'aspetano, e ti chiamano che
tu none indugi più, che '1 tempo passa; gli alberi dichono
che ti serbano le foglie, che tu venga inanzi le perda<no>.
Qui <è>
una chamera che t'aspetta, che sarà tua e mia, ed ha
molte degne prerogative: l'una, che in quella non abergò
mai pensiero ignuno che t'inpedisse non solo un'ora, ma uno
momento; ècene un'altra, che è conservatrice dela
vita e degli spiriti vitali: questa è che mai ci abergò
donne, che sono la distruzione dela vita nostra. Eccene anchora
un'altra, ch'è spetie ignuna d'animali che t'abino a
inpedire il sonno, né zenzare, né simili; l'aria
in forma tale, che ogni chorpo per debole e infermo che sia
subito ripiglia le pristine forze.
E per darti qualche saggio o gusto d'alcuna di queste chose,
ieri Bernardo Jachopi
et io andamo in su' più alti monti di questi paesi, dove
vedevamo tuto il Valdarno e infino a Pisa tuta la chanpagnia
ispazata. Tuto questo è pieno di fonti amenisime, e in
su la cima era un piano grandisimo dove trovamo pastori chon
pechore. Di poi andamo apresso a un boscho, in una rottura d'un
monte tuto pieno d'alberi intorno, e in questa rottura trovamo
una chiesa, dove trovamo il prete; e subito acese un grande
fuocho e, poste le tavole, aparechiò con tovaglie candidisime,
e arechò bonisimi frutti e un vino vechio de' più
solenni abbi beùto questo anno. E non ti dicho le chareze
e le grate achoglienze ci fece! Montamo a chavalo circha a ore
22 esendo in su questo monte altisimo. Ala tornata ti chiamamo
e Bernardo ed io
infinite volte, detestando le pazie degl'uomini.
Iscendemo
questo monte; e di poi avemo isceso circha un mezo miglio o
più, venimo a chasa un contadino dov'era una degnisima
fonte con tavole di pietra. Vole facesimo colezione e non volemo
d'uno vino solenisimo, che tuta questa montagnia n'era ferti<li>sima,
non puoi andare in falo.
Partiti da chasa questo contadino, venimo a casa Localo, id
est a casa Franciescho
Nori, e quivi vedemo fonti, vivai e grandisime abondanze
d'aque, orti pensili, chapele fatte di nuovo, muri fatti per
forza chon grandisima magnificenza.
Partiti di quivi, venimo a chasa Galeotto
Cei, ch'è dischosta circha un mezo miglio; e trovàmolo
in su uno ameno prato apresso a un pozo, chola donna e i figluoli
e la moglie d'Agostino
Biliotti, i quali tutti ci feciono careze assai e volono
che noi beesimo d'uno gentilisimo vino. A Galeotto
non volemo, ma pigliamo licenza da lui e avemo lungo ragionamento
de' fatti tua, facendo fermo proposito che tu venissi ora, aconciandosi
il tempo e sendo buono già. Chiamato, pregato, exortato,
vieni e none indugiare, che se gusti di questi soavi cibi dela
vila, ogni altro cibo ti parrà amaro.
Vale. E questa lettera abbi cura per nula che le Capitudini
no la vegano, acciò non abino invidia. E un'altra filicità
è in questa chasa, che no<n>
la tacerò: che qui non si g<i>uchò
mai né g<i>ucherà
a g<i>uocho
ignuno: che non è da stima<r>la
pocho. Iterum vale.
Ex nemoribus Antile,
die 22 setembris.
Vespasiano
[a tergo]
<Claris>simo atque elo<quent>issimo Viro Pier<philip>po
Pandolfini
In <Firenz>e etc.