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  • Addressee:Caterina Portinari
  • Place:Firenze
  • Date:1480
  • Source:BNCF
  • Manuscript:Nazionale

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36 - Vespasiano a Caterina Portinari.
Firenze, 10 dicembre 1480.

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, ff. 1-10v.


Ed. Barbi, pp. 219-225; Gandolfo, pp. 1-30; Cagni, pp. 164-168.


Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  ff. 0v-1rExhortatione di Vespasiano alla Caterina de' Portinari, donna d'Agnolo Pandolfini.
Io non so se pigliando a scriverti, mosso dal singulare amore ho sempre portato a Agnolo tuo marito et a tutta la Casa sua, sendo a me cosa nuova et aliena dalla mia professione, et so che saranno alcuni che forse mi biasimeranno: nientedimeno userò l'ufficio del fedelissimo amico di ricordare a te sua donna tutte quelle cose che si convengono a una pudicissima et honestissima fanciulla, che infra' mortali tu sia gloriosa.

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  ff. 1v-2r Molte saranno che nel parlare et ne' consigli ti daranno, tutti saranno alieni a quello si conviene alle pudicissime fanciulle: vanità, vestimenti, ornamenti del corpo; tutte cose externe et impertinenti alla pudicitia. È sententia probatissima che pochi huomini o donne sono, che vadino drieto al vero et giusto governo et a quello che si conviene a una generosissima fanciulla come tu; benché sendo tu allevata sotto la disciplina materna, che sempre è stata volta alla via della inviolabile virtù, come ha dimostro ne' sua laudabili portamenti et mentre viveva el marito et di poi, rimanendo giovane vedova di non molti anni:

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  ff. 2v-3r ha voluto stare nello istato della sanctissima viduità et ha allevato sì degna famiglia come ha facto con tanta pudicitia et continentia quanto è vivuta et vive; meritamente è da essere honorata, come dice San Pagolo: Honorate le vedove' quelle che vere vedove sono. Dallo exemplo suo non ti puoi iscusare, perché te l'ha dato degno d'imitatione in tutti e gradi, così nel matrimonio come nella viduità. Ricordati che non l'essere nata di generosissimi parenti né ornare el corpo o il viso con lisci riprendendo la figura che ha facto l'omnipotente Iddio et volerla transmutare: questo è l'ufficio del più delle donne de' tempi nostri et in questo è tutto el loro studio pieno di vanità. A te bisogna essere ornata di pudicitia et honestà et di molte sanctissime opere, acciò che tu renda gratie al tuo Creatore, che non solo t'ha creata per questa peritura vita, ma per la eterna.

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  ff. 3v-4r A te non mancherà havere chi imitare, oltre a tua madre. Vai in una Casa che sempre è stata et è ornamento degli huomini et delle donne degne d'exemplo della nostra città. Et volessi Iddio che così si vivessi nell'altre case come sempre s'è facto in quella, che beate si potrebbero chiamare! Hai ancora per tuo exemplo la madre d'Agnolo istata sempre specchio d'honestà et continentia. Rimase giovane et bellissima del corpo, nella morte del suo marito, con tanta copia di figliuoli maschi et femine, et sempre è vivuta con grandissima continentia. Sarà a te in luogo di madre. Non ti partirai da' suoi consigli et pareri, come a te si conviene.
Io non ti metterò innanzi per exemplo, havendo tu questi, Madonna Baptista de' Malatesti, donna singularissima che nel tempo viveva el marito suo fu exemplo a tutto el mondo di grandissima honestà;

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  ff. 4v-5r di poi morto, dette parte delle sue substantie a' poveri, et facto questo se n'andò in uno monasterio di donne sanctissime et quivi volle finire la vita sua sanctissimamente. Né ti metterò innanzi madonna Cecilia della Casa da Gonzagha bellissima di corpo quanto nessuna che fussi della sua età; fu maritata a uno grandissimo signore d'Italia et nel tempo ne dovea andare a marito si fuggì di casa del padre che era marchese di Mantova, et né prieghi paterni né materni la poteron mai muovere dal suo sanctissimo proposito, ma stette in questo sanctissimo monasterio tutto el tempo della vita sua et volle essere la minore di tutte in ogni cosa, et quivi volle morire, stimando più la vita futura che la presente.

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  ff. 5v-6r Io non ti metterò innanzi la sanctissima et immaculata virgine Catherina, della quale tu porti in terra el nome suo, che per conservatione della sua virginità volle mettere la propria vita. Né dirò nulla di Sancta Lucilla virgine, che per conservare la sua virginità si cavò gli occhi et missegli in uno bacino et mandogli a colui che gli disiderava, dicendogli: Eccho quello che tu hai amato. Et a questo modo lo fece rimanere confuso. Né ti dirò nulla di Cicilia virgine, che sopportò tante pene per conservarsi intacta et immaculata, come fe'. Né dirò nulla di Reparata virgine, che essendo d'età d'anni dodici, innanzi al tiranno, promettendogli molti tesori, gli rispuose: Io sono d'anni dodici; a me basta questa vita transitoria havere veduta, ma l'altra che è beata spero vederla et possederla.
Non dico nulla di infinite donne christiane, che per zelo della religione andavano a' tiranni con i proprii figliuoli in collo, et quivi confessavano el nome di Christo et per lui dicevano volevano morire; et così facevano.

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  f.6v-7r Non dirò nulla d'infinite donne hebbon gli Ebrei, né della sanctissima Judith, né della fortissima Susanna: ne dirò nulla, a confusione de' christiani. Et se conoscerai che le donne paghane habbino havuto delle virtù non sono in te, di quelle riprenderai te medesima, et nella tua mente desta la vergognia che una donna pagana habbi vinta una christiana ne' costumi, pudicitia et in constantia et in qualunche altra virtù t'abbi superato. Isfòrzati di superare lei giusta a tuo potere! Vedi: non dico nulla di Portia figliuola di Catone et moglie di Bruto vendicatore della romana republica. Mettiti innanzi agli occhi la sua pudicitia, la sua constantia, la sua inviolabile fede et integrità la quale portò a Bruto suo marito; et haveva facto fermo proposito d'essere con lui in ogni caso, così prospero come adverso.

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  f. 7v-8rEt a dimonstrare la sua constantia, non dico del coltello ignudo che in presentia del marito si passò el braccio da uno lato a l'altro, dicendogli di poi innanzi gli aprissi el suo secreto, che s'el padre gliel'avessi dato solo per essere sua compàgnia nel lecto et non in ogni caso della fortuna, che ella non harebbe mai consentito. Né dirò nulla di questa constantissima donna, che sendole nuntiata la morte del suo marito che gli era suto morto in battaglia, subito corse al fuocho et prese carboni accesi et mèssesegli in gola, et così volle morire, veduto morto quello a chi l'aveva dato la sua inviolabile pudicitia. Né metterò lo exemplo di Curia romana, donna pudicissima et fedelissima al suo marito, ch'ebbe tanto animo che, essendo confinato, lo nascose nella propria casa et quivi lo tenne più tempo tanto che lo salvò;

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  f. 8v-9r et mai lo manifestò a persona, ma per meglio occultarlo andava in senato, in foro et per le piaze racomandando il suo marito agli amici et parenti, et piangendo amaramente scapigliata lo racomandava, et in questo modo lo salvò. Infinite donne romane ha havuta quella republica degne d'exemplo e d'imitatione.
Hora ti metterai dinanzi agli occhi quelle che ti parranno più da essere imitate et quelle imiterai. L'animo tuo inviolabile e 'l tuo casto amore al tuo marito preserverai infino alla tua fine et farai quello che a una pudicissima et honestissima fanciulla si conviene. Saranno molti che ti diranno et a tua madre et a te che tu facci varie spetie d'ornamenti: chi ti dirà che tu facci ornamenti alle braccia, che dagli antichi erano chiamate armille; chi ti dirà che tu faccia ornamenti a pie' della vesta, che erano chiamati apresso gli antichi fimbrie et usavansi da' sacerdoti a pie' de' paramenti; chi ti dirà dell'ornamento intorno al collo et chi anelli di dito, che tutte sono cose mortali et caduche, che presto vengono meno.

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  f. 9v-10r Piglierai questi admaestramenti et exempli de' sacri et de' gentili, i quali saranno gli ornamenti ch'io t'ho posto innanzi. Sono perle, rubini, balasci, thopazii, diacinti et ismaraldi et diamanti; et sono le vestimenta t'ho monstre tutte piene d'oro, di perle et di gemme, che si possono portare per tutte quelle le vorranno, et né mai per morte d'igniuno tuo parente bisogna che te lo cavi nella presente vita; et dopo la tua fine, vestita del pallio della immortalità tutti questi ornamenti, in sempiterno gli possederai. I vestimenti mortali et le gioie che harai in questa vita, come cose terrene et mortali presto l'arai a llasciare.

Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Naz. II.XI.34, 
                  f. 10v-Ir Piglia adunche i perpetui et veri, et lascia i mortali et caduchi. Così faccendo, beata et felice ti chiamerai nella presente vita, et sarai facta dopo la tua fine hereda della heredità superna, insieme con le immaculatissime virgini et colle pudicissime et sanctissime donne.
In Firenze, adì 10 di dicembre 1480.


  • Lettera 36

    La lettera è un codice della Nazionale che consta di sole dieci carte e che porta il titolo: Exhortatione di Vespasiano alla Caterina de' Portinari, donna d'Agnolo Pandolfini (cfr. Cagni, Vespasiano, pp. 103-105). Questo testo costituisce in nuce quella che sarà un'altra opera di Vespasiano: il Libro de le lode e comendatione de le donne (il ms. Ricc. 2293, S III 40, è l'esemplare di dedica). Opera curiosa vista l'evidente misoginia di Vespasiano. Vespasiano scrisse questa operetta per il 10 dicembre 1480, cioè per la cerimonia dello scambio degli anelli fra Agnolo e Caterina.

  • Caterina de' Portinari

    Caterina di Pigello di Folco Portinari, andata in sposa ad Agnolo nel 1478 stile fiorentino. Ebbero cinque figli (cfr. Cagni, Vespasiano, p. 105).

  • Agnolo Pandolfini

    "Nato il 14 novembre 1449. Fu de' Dodici Buonomini nel 1481 e nel 1488, de' Priori nel 1486, Console della Zecca nell'anno stesso e degli Otto nel 1488. Fu ricchissimo mercante [...]. Morì nel 1509 il 28 di luglio" (cfr. Barbi, 219, n. 1).

  • madre d'Agnolo

    Costanza di Giovanni di messer Luigi Guicciardini, sposa di Pandolfo Pandolfini nel 1448. Rimasta vedova nel 1465 si dedicò esclusivamente all'educazione dei suoi dodici figli, fra cui Agnolo, il primogenito (cfr. Cagni, Vespasiano, p. 104).

  • Madonna Baptista de' Malatesti

    Battista d’Antonio di Montefeltro, sorella di Federico d’Urbino, sposò il 14 giugno 1405 Galeotto (o Galeazzo) Malatesta. Alla morte del marito entrò nell’Ordine Francescano e morì nel 1448. Vespasiano ne ha tracciato il profilo nel Libro de le lode e comendatione de le donne (in appendice alle Vite edite dal Frati, III, pp. 294-6). Cfr. anche (cfr. Cagni, Vespasiano, p. 166, n.1).

  • Cecilia della Casa de Gonzagha

    Cecilia Gonzaga, di Gianfrancesco e di Paola Malatesta, nacque nel 1425. Celebre per "avvenenza e per il grande talento", fu allieva di Vittorino da Feltre (cfr. la menzione nella vita di Vittorino, Vite, p. 545 [I, 578]). Scriveva in versi latini con facilità ed eloquenza. Promessa dal padre a Oddantonio di Montefeltro, conte d’Urbino, rifiutò costantemente le nozze. Nel 1444 vestì l’abito di S. Francesco nel monastero di S. Paola fondato dalla madre, prendendovi il nome di Chiara. Ivi morì il 3 novembre 1451. A lei Vespasiano ha riservato un profilo biografico nel Libro de le lode e comendatione de le donne (in appendice alle Vite ed. dal Frati, III, pp. 297-8). Cfr. Cagni, Vespasiano, p. 166, n. 1 e Vite, p. 257 [I, 276].